Lettera aperta
In confronto alla lotta contro il virus, quella alla crisi climatica sarà molto meno traumatica
Davvero dobbiamo pensare ad un’altra crisi, quella climatica e ambientale, quando siamo ancora in ansia per la vita nostra e dei nostri cari, quando noi e le imprese in cui lavoriamo ancora non sappiamo quando potremo tornare alla normalità? Sì, perché finalmente possiamo ricevere una buona notizia: in confronto agli sforzi che stiamo facendo per sconfiggere il Covid-19, la lotta alla crisi climatica ed ambientale sarà molto, molto meno traumatica.
Oggi, per impedire la diffusione del virus, abbiamo dovuto ridurre al minimo le occasioni di interazione tra noi: non uscire più di casa, chiudere le scuole, i locali, i negozi e le fabbriche non essenziali, gli uffici non remotabili.
Niente di tutto questo sarà richiesto per fermare la crisi climatica e ambientale, che ha cause ben definite e conosciute.
Certo, alcuni possono trovare spunto dalla crisi attuale, del virus, e da quella incombente, di clima e ambiente, per immaginare un nuovo rapporto con la natura e tra le persone, e questo non potrà che meglio disporli ai cambiamenti necessari.
Ma, come ci insegna la scienza del clima e dell’ambiente, il riscaldamento globale recente e i fenomeni estremi che insieme ad esso crescono, come pure in buona parte la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi, derivano sostanzialmente dal nostro utilizzo dei combustibili fossili e dal nostro non corretto uso del suolo.
E la realtà quindi è che ci sono due precisi settori, quello energetico e quello delle attività legate al suolo, che dovranno effettuare una transizione, anche in termini di economia circolare, per poter fermare la crisi.
Carbone, petrolio e gas occupano una quota rilevante di lavoratori, sostengono economicamente interi Stati, danno vita ad un importante settore finanziario; e dovranno riconvertirsi alle energie rinnovabili, insieme alle apparecchiature che oggi alimentano, come vetture e sistemi di riscaldamento, entro il 2050; ma si tratta di uno sforzo limitato, rispetto a quanto stiamo facendo per il coronavirus, quantificabile in pochi punti percentuali di PIL, spalmato su molti anni e, se ben gestito, affrontabile dagli Stati e dalla comunità internazionale senza forti ripercussioni sui cittadini. (In questo modo, poi, eviteremo decine di migliaia di morti per inquinamento e ridurremo la nostra vulnerabilità a virus che colpiscono i polmoni).
O, ancora, dovremo destinare una quota di suolo oggi agricolo alla riforestazione, per salvare gli ecosistemi che ci sostengono, ed evitare tecniche di coltivazione e di allevamento che impoveriscono i terreni: dovremo semplicemente sostenere gli agricoltori più di quanto giustamente già facciamo e, per rendere disponibile il terreno agricolo che serve oggi a sfamare gli allevamenti, dovrà essere diminuito, senza demonizzazioni, il consumo di prodotti animali. (In questo modo ristabiliremo anche una distanza dalla fauna selvatica, il che renderà più difficile il diffondersi di nuovi virus dagli animali all’uomo).
Ma la nostra vita sociale rimarrà intatta e potrà svilupparsi, la nostra mobilità e i collegamenti saranno migliorati. La società sarà attraversata dall’innovazione, l’automazione porterà ad aumentare l’offerta di servizi, la ricerca e lo sviluppo ad un’economia perfettamente circolare, che eviterà la limitatezza planetaria delle materie prime.
Per ottenere i migliori risultati, dobbiamo però iniziare ad agire subito, finita questa crisi, e pensare fin da ora al percorso. Perché molte risorse saranno state consumate per superare l’emergenza virus, e sappiamo che altre crisi potranno accadere in questi anni, come nel 2008 è avvenuto per il settore finanziario, e dreneranno altre risorse, e ogni anno di ritardo nell’azione rende più difficile fermare gli effetti della crisi climatica e ambientale.
Insomma, finita l’emergenza virus avremo lasciato alle spalle, per fortuna, la paura e l’angoscia, e potremo occuparci, in modo ragionevole e fiducioso, di clima e ambiente. Anzi, il vero insegnamento del coronavirus potrà essere stato l’elasticità della nostra società e la nostra capacità di lavorare insieme, scienziati e cittadini, maggioranza e opposizione, italiani di ogni luogo e di ogni opinione. Ma ci avrà anche mostrato, dopo che avrà viaggiato per tutto il mondo, che siamo i fragili figli di un unico cielo.
E quando saranno ripresi i commerci e i viaggi tra le nazioni, e il nemico non sarà un virus cui sbarrare l’ingresso ma emissioni inarrestabili dalle frontiere, da qualunque paese provengano, sapremo lavorare insieme tutti, rispettosi dell’identità di ognuno. E forse gli anni della lotta contro la crisi climatica e ambientale saranno ricordati tra quelli di maggiore concordia tra i popoli della Terra, e come quelli che hanno lasciato in eredità alle generazioni successive un mondo non più inquinato.
Gli scienziati di La Scienza al Voto – i cittadini di Reality Unites