NOTE

1  Comunicazione nazionale dell’Italia alla UNFCCC (2017).

2  N. Armaroli, V. Balzani (2017), Energia per l’astronave Terra, Zanichelli, terza ed.

In tal senso esistono esempi illuminanti in Europa: dalla completa elettrificazione a energia eolica dell’intera rete ferroviaria olandese, dal gennaio 2017, all’elettrificazione dei trasporti e dei veicoli a Oslo, alla transizione “wind power” e gli obiettivi di fornitura integrale di energia rinnovabile a Aalborg e Copenaghen per il 2030 e dell’intera Danimarca per il 2050. Per il settore delle energie rinnovabili nell’Unione europea si stima 1 milione e 139 mila occupati, e una crescita di 10.000 posti di lavoro all’anno, con investimenti totali pari a € 38.4 miliardi di euro (EurObserv’ER, dati 2016).

3  RENEWABLES 2017: GLOBAL STATUS REPORT, EurObserv’ER consortium (Observ’ER (FR), ECN (NL), RENAC (DE), Frankfurt School of Finance and Management (DE), Fraunhofer ISI (DE) and Statistics Netherlands (NL)).

4  S. Castellari et al. (2014), op. cit.

5  Si vedano, ad esempio, i progetti MACSUR e MACSUR2: https://www.macsur.eu/

6  COMMISSIONE EUROPEA (2015), L’anello mancante – Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare.

7  Da questo punto di vista ci sono segnali positivi anche nel nostro Paese quali la legge regionale 16/2015 dell’Emilia Romagna o come l’iniziativa del Ministero dell’Ambiente, che a luglio 2017 ha iniziato le consultazioni pubbliche sul documento: “Verso un modello di economia circolare per l’Italia”. Il documento fornisce un inquadramento generale dell’economia circolare e il posizionamento strategico dell’Italia, in continuità con gli impegni adottati nell’ambito dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, in sede G7 e nell’Unione Europea.

8  COMMISSIONE EUROPEA (2015), op. cit.

9  F.N. Tubiello et al. (2015), The contribution of agriculture, forestry and other land use activities to global warming, 1990-2012, Global Change Biology 21, 2655-2660.

10  Si veda G. Mastrojeni, A. Pasini (2017), op. cit.

11  Ad esempio, se si vuole diffondere il teleriscaldamento (TLR) nelle aree urbane ad alta densità abitativa (col vantaggio di ridurre l’impatto ambientale locale e favorire l’integrazione di rinnovabili) è molto più veloce la diffusione se TLR è considerato un servizio pubblico locale regolato (con obbligo di allacciamento e finanziamento pubblico dell’infrastruttura) piuttosto che lasciare l’attuazione dello sviluppo a logiche di mercato (non vi è certezza della platea di clienti, ci sono limiti al finanziamento pubblico e alla reperibilità delle risorse per finanziare l’infrastruttura).
Altri esempi: sostituzione caldaie a gasolio per metano; riqualificazione involucro e rifacimento facciate edifici senza che ci sia l’obbligo di mettere l’isolante e usufruire comunque del credito d’imposta per la ristrutturazione semplice al 50%.

12  Libro bianco “Sfide ed opportunità dello sviluppo rurale per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici”, www.tinyurl.com/librobianco

13  https://climate.copernicus.eu/

14  http://polaris.irpi.cnr.it

15  P. Salvati et al. (2018), Gender, age and circumstances analysis of flood and landslide fatalities in Italy, Science of the Total Environment, 610–611, 867–879. Nei 50 anni dal 1966 al 2015, i morti dovuti a fenomeni di “dissesto” sono stati 1947, i dispersi 69, i feriti 2534 e gli sfollati e senzatetto oltre 410.000 (più degli abitanti del 7° Comune più popoloso d’Italia), in 3652 località di 2110 comuni (il 26% del totale).

1. Soluzioni scientificamente fondate

Date le principali criticità per il nostro Paese evidenziate dalla scienza climatica e ambientale, si tratta di capire come si possa agire per far fronte a questi problemi. Qui entra in gioco la politica. In questo ambito, ovviamente, compito di un Comitato scientifico è quello di analizzare le basi scientifiche per le possibili soluzioni.

Innanzi tutto, dato che una causa comune per tutte le criticità che abbiamo evidenziato è il riscaldamento globale, il primo contributo fattivo alla soluzione di questi problemi è quello di mitigare le cause del fenomeno, cioè ridurre le nostre emissioni di gas climalteranti, principalmente CO2 (biossido di carbonio), CH4 (metano) e N2O (protossido di azoto). In Italia, secondo gli ultimi dati ufficiali Ispra relativi al 2015 le emissioni complessive di gas serra equivalgono a ben 433 milioni di tonnellate l’anno di CO2 (più di 7 tonnellate a persona), e circa l’ 85% delle emissioni sono dovute al settore energetico, industriale e dei trasporti (sostanzialmente le combustioni fossili): l’azione in questi settori è dunque di fondamentale importanza [1]. E’ ovvio che si tratta di un problema che va comunque affrontato anche globalmente, e in questo l’Italia è chiamata a fare la sua parte nel negoziato internazionale.

Allo stesso tempo, sia per la difficoltà di condurre azioni rapide di mitigazione, sia per l’inerzia del clima – dovuta fondamentalmente all’elevato tempo di permanenza dell’anidride carbonica in atmosfera e all’alta capacità termica di mari e oceani – occorre porre in essere azioni di adattamento al cambiamento climatico in corso, per far fronte ad una situazione già in parte compromessa e limitare al massimo i danni che già ora si possono riscontrare.

Insieme alle azioni per contrastare gli effetti del riscaldamento globale, poi, vi sono azioni possibili per ridurre ulteriormente i rischi in tutti i settori indicati nell’elenco precedente, sfruttando le specificità dei singoli problemi delineati.

Al di là delle azioni personali dei singoli o di piccoli gruppi (risparmio energetico, razionalizzazione dei consumi, riduzione degli sprechi, ecc.), la mitigazione si può raggiungere solo con un percorso che punti ad abbandonare l’utilizzo dei combustibili fossili, una vera e propria “transizione energetica”  che deve partire immediatamente e completarsi entro metà secolo. Inoltre, anche le emissioni di settori come i processi industriali, le attività agricole e lo smaltimento dei rifiuti devono essere ridotte. Anzi, vanno decisamente incentivate le azioni volte alla mitigazione che favoriscono il sequestro di carbonio (in questo senso una ottimale gestione degli allevamenti e del suolo agrario porterebbe ad un miglioramento della fertilità di suoli, alla riduzione del rischio di desertificazione e al sequestro di carbonio legato all’aumento della sostanza organica dei suoli).

Le decisioni su quali obiettivi porsi e come raggiungerli sono ovviamente di competenza di chi guida un Paese, ma va tenuto conto che il Parlamento Italiano ha ratificato il 4 novembre 2016  l’Accordo di Parigi, quasi all’unanimità, impegnandosi quindi ad avviare un percorso di riduzione delle emissioni congruente con gli ambiziosi obiettivi dell’Accordo. L’impegno dell’Accordo di Parigi ha un carattere vincolante per l’Italia, e richiede un maggiore sforzo di riduzione delle emissioni rispetto a quanto previsto dal quadro legislativo vigente a livello italiano ed europeo. In particolare, si segnala che gli scenari di decarbonizzazione della Strategia Energetica Nazionale approvata nei mesi scorsi non sono congruenti con i reali impegni che l’Italia ha preso con la ratifica dell’Accordo di Parigi, e dovranno quindi essere rivisti al rialzo.

Anche per le azioni di adattamento vale lo stesso ragionamento. Infatti, la Strategia Nazionale di Adattamento (SNAC), costruita su 3 specifici rapporti tecnici preparati dalla comunità scientifica nazionale, e adottata nel giugno 2015, ha evidenziato chiaramente le vulnerabilità nazionali settoriali (18 settori selezionati per l’Italia) e ha proposto linee di intervento in materia di adattamento e prevenzione del rischio di disastri. Alla SNAC è seguita l’elaborazione di un Piano Nazionale di Adattamento, che è stato sottoposto a una pubblica consultazione alla fine del 2017 che ne ha mostrato alcune carenze metodologiche. Ora si attende la sua revisione e la sua adozione con un efficace impegno finanziario nei vari settori prioritari di intervento. Dunque ci aspettiamo di vederne traccia nei programmi dei partiti per le prossime elezioni, in quanto è necessario che questi aspetti siano considerati dal prossimo Parlamento e dal prossimo Governo.

Come già fatto per le criticità climatico-ambientali dell’Italia, qui di seguito proponiamo alcune linee guida scientificamente fondate per mettere in mano alla politica alcuni strumenti di riflessione per poter possibilmente risolvere questi problemi mediante azioni di mitigazione e adattamento. In particolare:

  • dal punto di vista della mitigazione e per quanto riguarda la transizione energetica, è necessario progressivamente abbandonare i combustibili fossili e promuovere un sistema integrato di produzioni di energie rinnovabili [2];
  • oggi l’Italia, con circa 97.000 occupati, si piazza al quarto posto fra i Paesi Ue con la maggiore quota di posti di lavoro legati al settore delle rinnovabili dopo Germania (322.300), Francia (162.100) e Gran Bretagna (109.200), prima di Spagna (66.400), Svezia (52.200) e Danimarca (44.900). Ad incidere sono soprattutto eolico, fotovoltaico, biomasse, biocarburanti, pompe di calore e idroelettrico [3]. Occorre progredire su questo piano. E’ chiaro, infatti, di come si tratti di numeri tuttora piccoli rispetto alla forza lavoro totale;
  • per quanto riguarda la resilienza delle città agli eventi estremi, l’esperienza europea (e non solo) suggerisce che l’avvio di efficaci strategie di adattamento urbano presuppone come primo passo indispensabile – attraverso un ampio coinvolgimento di cittadini, di amministratori e di saperi esperti – la redazione di un Piano di Adattamento che accerti natura e grandezza del cambiamento climatico a livello locale, la vulnerabilità, la sensititività e gli impatti attesi nelle diverse parti della città, le azioni da porre in essere per impostare i percorsi di adattamento di breve, medio e lungo periodo;
  • per mitigarne gli effetti ambientali e i costi economici e sociali del dissesto idrogeologico è indispensabile agire a più scale geografiche, temporali e organizzative, operando alle scale compatibili con i processi che si affrontano con un complesso sinergico di azioni “soft” (non strutturali), grey (strutturali) e “green” (verdi) [4]. E’ anche necessario aumentare le conoscenze, ad esempio misurando e prevedendo meglio le precipitazioni che sono all’origine di molti dei fenomeni di dissesto, e raccogliendo dati quantitativi sull’impatto che i fenomeni di dissesto hanno sulla popolazione, l’ambiente e le economie.
  • per l’aumentato rischio da alluvioni e flash flood, le possibili azioni di adattamento sono di due nature: sia azioni di tipo strutturale di messa in sicurezza dei territori (potenziamento delle arginature fluviali, costruzioni di casse di espansione per il contenimento delle piene, attività di controllo della pulizia degli alvei, divieti di costruzione in aree esondabili, ecc.), sia attraverso un potenziamento e una ottimizzazione dei sistemi di allertamento, finalizzati a mettere in sicurezza le persone e i loro beni in tempo reale, prima dell’occorrenza dei fenomeni alluvionali. E’ allora fondamentale garantire ed efficientare il sistema di monitoraggio idro-meteo e radarmeteorologico, nonché dei sistemi di previsione modellistica idro-meteo, e  garantire la presenza di un adeguato numero di persone formate ed esperte nei settori della meteorologia, idrologia e idrogeologia a svolgere attività di presidio, monitoraggio e previsione anche in modalità H24.  E’ anche necessario migliorare i sistemi di comunicazione del rischio e la capacità di resilienza delle popolazioni, attraverso una capillare attività di formazione.
  • per quanto riguarda l’adattamento al numero e all’intensità crescenti delle ondate di calore, il problema riguarda maggiormente le aree più urbanizzate di pianura. E le soluzioni possono consistere in modifiche architettoniche degli edifici al fine di limitare il surriscaldamento all’interno degli stessi e modifiche paesaggistiche delle aree urbane in modo da includere un maggior numero di aree verdi che permettano una ridistribuzione del bilancio energetico nello strato limite urbano, limitando il surriscaldamento degli strati più bassi;
  • per quanto riguarda gli effetti dell’aumento della durata e dell’intensità degli episodi di siccità, al fine di limitare gli effetti più dannosi sulla produttività agricola, si rende necessario l’utilizzo di pratiche agricole tali da massimizzare le imprese produttive, e l’utilizzo di coltivazioni in linea con le risorse idriche prevedibili nel clima futuro [5];
  • occorre adottare  la risoluzione UNESCO del 28/09/2017 per la salvaguardia dei ghiacciai, in cui si incoraggiano gli stati membri dell’UNESCO ad intraprendere azioni concrete per il finanziamento dello studio dei ghiacciai e della loro salvaguardia;
  • per limitare l’inquinamento atmosferico e preservare la salute, occorrono: misure per ridurre il traffico urbano e supportare il cambio modale favorendo il trasporto pubblico locale, la mobilità ciclopedonale, e la smart mobility (car sharing, car pooling, smart parking, bike sharing); progressiva limitazione della circolazione dei veicoli diesel su tutto il territorio nazionale entro il 2025; disincentivazione del riscaldamento domestico a biomasse (legna e pellet); “phase-out” dal carbone con chiusura definitiva delle centrali a carbone; favorire strategie e piani locali mirati a promuovere l’attività fisica per persone di tutte le età, in tutte le circostanze sociali e che vivono in diverse parti di città, con particolare attenzione all’equità e alla vulnerabilità. Opportunità per l’attività fisica devono essere create vicino ai luoghi di vita per creare un ambiente più pulito, più sicuro, più verde e più favorevole all’attività locali;
  • per combattere l’inquinamento industriale e da traffico, occorre portare a compimento l’approvazione dei trattati internazionali sull’inquinamento da composti organici persistenti (convenzione di Stoccolma) e sull’inquinamento da mercurio (Convenzione di Minamata), al fine di dare piena attuazione a tutte le misure di abbattimento delle emissioni (industriali e non) e riduzione del rischio indotto sugli ecosistemi e sulla salute pubblica;
  • si deve avviare un piano nazionale per la riduzione drastica dell’inquinamento atmosferico nelle aree urbane che consideri interventi strutturali che vadano a incidere sulle due principali fonti di inquinamento, ovvero il traffico veicolare e i sistemi di riscaldamento (privato, pubblico e commerciale), attraverso una serie di misure di riorganizzazione delle aree urbane, di decarbonizzazione dei trasporti pubblici e privati, nonché dei sistemi impiegati per il riscaldamento domestico;
  • con riferimento all’inquinamento atmosferico e all’inquinamento del suolo e sottosuolo nelle vaste aree industriali urge un’azione estesa a tutto il territorio nazionale mirato alla bonifica di queste aree (in Italia sono censiti oltre 50 Siti di Interesse Nazionale) per i quali da troppo tempo sono noti i gravi problemi causati a larghe fasce di popolazione residente nonché agli ecosistemi circostanti;
  • è importante spingere maggiormente sulla promozione dell’economia circolare. L’approvvigionamento di alcuni materiali è sempre più difficile. L’Europa in generale, e l’Italia in particolare sono poverissime di materie prime, vivono di importazioni e la loro unica risorsa, in molti campi, possono essere appunti i materiali riciclati. A livello europeo, con il Piano d’azione per un’economia circolare, “Closing the loop” [6], si promuove il modello di economia circolare, con il raggiungimento di importanti obiettivi, come: incoraggiare il riuso delle acque reflue e civili; introdurre standard qualitativi per le materie prime seconde al fine di agevolare la nascita di nuovi mercati; rivisitare la regolamentazione sui fertilizzanti per aiutare lo sviluppo di fertilizzanti sicuri e di qualità al fine di incentivarne il mercato; incentivare il riciclo di plastica anche attraverso processi di eco design al fine di minimizzare il conferimento in discarica, l’incenerimento e l’uso di  materiale vergine; facilitare i processi di recupero-riciclo attraverso sistemi informatici [7];
  • per quanto riguarda il settore agricolo, il cambiamento climatico ed i suoi effetti sul territorio portano in agricoltura a manifestazioni di perdita di fertilità dei suoli e della capacità produttiva, ma anche  a fenomeni di dissesto e trasporto solido, specie sui terreni più in pendenza, con danno alle produzioni ed ai produttori. Per mitigarne gli effetti ambientali ed agricoli è importante impostare politiche di governo del territorio e servizi di informazione ed allerta;
  • una migliore gestione dei processi produttivi in agricoltura e delle risorse necessarie deve essere assolutamente perseguita applicando le recenti normative europee sull’uso sostenibile dei fitofarmaci, sull’applicazione delle tecniche di produzione integrata e biologica e l’agricoltura di precisione, sulla qualità delle acque. Tutto ciò si traduce in una maggiore sostenibilità ambientale, con conseguente riduzione delle emissioni climalteranti, e tutela della salute degli operatori agricoli e dei consumatori;
  • anche per gestire il ciclo dei rifiuti, è importante spingere maggiormente sulla promozione dell’economia circolare. L’approvvigionamento di alcuni materiali è sempre più difficile. L’Europa in generale, e l’Italia in particolare, sono poverissime di materie prime, vivono di importazioni e la loro unica risorsa, in molti campi, possono essere appunti i materiali riciclati. A livello Europeo, con il Piano d’azione per un’economia circolare, “Closing the loop” [8], si promuove il modello di economia circolare, con il raggiungimento di importanti obiettivi, come: incoraggiare il riuso delle acque reflue e civili; introdurre standard qualitativi per le materie prime seconde al fine di agevolare la nascita di nuovi mercati; rivisitare la regolamentazione sui fertilizzanti per aiutare lo sviluppo di fertilizzanti sicuri e di qualità al fine di incentivarne il mercato; incentivare il riciclo di plastica anche attraverso processi di eco design al fine di minimizzare il conferimento in discarica, l’incenerimento e l’uso di  materiale vergine; facilitare i processi di recupero-riciclo attraverso sistemi informatici;
  • dal punto di vista delle migrazioni forzate che interessano l’Italia, le azioni di mitigazione e adattamento sul suolo nazionale hanno poco effetto. Invece, azioni che puntino a recuperare a foresta o ad agricoltura sostenibile i terreni degradati e/o desertificati del Sahel appaiono molto efficaci e si configurano come strategie doppiamente vincenti (win-win). Da un lato contribuiscono a mitigare il riscaldamento globale attivando o riattivando assorbitori di CO2 (la percentuale di emissioni dovute all’uso del suolo in questi Paesi è superiore alla media globale e a quelli precedentemente stimati per l’Italia [9]), dall’altro portano vantaggi concreti per le popolazioni locali che non sono più in preda alla povertà e ai conflitti per le risorse, e dunque tendono a migrare in misura molto minore. Il costo di operazioni di questo tipo appare tra l’altro molto limitato [10].

 

2. Le priorità del paese: lavoro e immigrazione, sicurezza e tasse, salute e ricerca

È ovvio che le azioni scientificamente fondate sopra elencate hanno implicazioni anche su tutti le priorità del paese. Nel seguito, dunque, riassumiamo i punti precedenti in questa ottica.

Considerazioni generali sul tema del LAVORO:

  • la rapidità del processo di decarbonizzazione imposta dagli impegni che discendono dall’accordo di Parigi suggerisce una modifica dell’approccio alla regolazione e implementazione dell’azione politica [11];
  • sarebbe utile avere delle azioni concertate di pianificazioni degli investimenti pubblici e dell’agire politico in generale che mirino alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Evitare di dare incentivi alle rinnovabili e finanziare i certificati bianchi, ma contemporaneamente investire sulle infrastrutture per il trasporto su gomma e dare incentivi alle fossili;
  • occorre basare le decisioni politiche per ciò che concerne le scelte legate sul sistema energetico su analisi numeriche, trasparenti e basate su dati pubblici. Sarebbe utile creare una cabina di regia sulle valutazioni di scenario energetico, ambientale ed economico presso la Presidenza del consiglio, con il contributo di tutti i portatori di interesse. I lavori, gli strumenti, i dati di input e i risultati devono essere pubblici e (potenzialmente) verificabili da chiunque;
  • le prospettive verso cui sarebbe conveniente tendere sono quelle dell’economia circolare e della decarbonizzazione del modello economico. Se per entrambi questi temi la spinta iniziale è venuta da considerazioni prettamente ambientali, oggi l’Unione Europea li considera elementi fondanti della strategia di competitività internazionale e li inserisce nelle priorità politiche relative a occupazione, crescita e investimenti;
  • nell’economia circolare non esistono più rifiuti ma tutte le risorse materiali rientrano in cicli virtuosi di riutilizzo. Per fare questo non si può lavorare solo sulla coda della questione (sulla gestione dei rifiuti una volta prodotti), ma si deve fare in modo che ogni filiera produttiva sia in grado di rientrare in questo quadro generale, ripensando processi di produzione e di gestione dei prodotti;
  • per la strategia di decarbonizzazione si tratta di ridurre considerevolmente i consumi energetici assoluti e di coprire il fabbisogno residuo con risorse esclusivamente rinnovabili, e quindi locali;
  • non si tratta più quindi di far sviluppare uno specifico settore dell’economia con particolari caratteristiche di compatibilità ambientali, ma di fare in modo che tutta l’economia si renda compiutamente sostenibile.

 

Per il tema del LAVORO soluzioni scientificamente fondate sono:

  • gli investimenti in ricerca e sviluppo porteranno inevitabilmente alla creazione di nuovi posti di lavoro qualificati nel settore industriale e in quello dei servizi;
  • in particolare, occorre investire in ricerca e sviluppo per allargare il mercato delle tecnologie mature, portare sul mercato quelle sviluppate in laboratorio e trovare nuove soluzioni ancora inedite di tecnologie energetiche rinnovabili, creazione di un settore industriale (produzione per il mercato interno – esportazione nel mercato dei paesi in via di sviluppo, che devono ‘saltare’ la fase fossile) – togliere gli incentivi alle fonti fossili. Occorre uno stanziamento specifico di somme necessarie alla ricerca applicata e potenziamento delle dotazioni di base delle università e dei centri di ricerca (selezionati) che si occupino del tema;
  • si necessita di ricerca e sviluppo di prodotti progettati secondo i principi dell’economia circolare, del risparmio energetico e del ridotto consumo di materie prime, riconversione del settore manifatturiero (con graduale rilocalizzazione delle industrie – consumare meno, produrre meglio, produrre qui), creazione della filiera del riciclo – introduzione di incentivi legati all’impatto ambientale della produzione e della distribuzione (carbon tax?) Quanto più velocemente verrà promossa la transizione, tanto più velocemente saremo in grado anche di esportare tecnologie e conoscenze. Le ricadute occupazionali saranno in questo caso dirette e indirette, grazie al nuovo sviluppo delle esportazioni di beni e servizi con alto valore aggiunto;
  • partendo dalle situazioni a maggior rischio, prevalentemente in aree urbane e lungo le infrastrutture, un piano di manutenzione diffusa e capillare del territorio che consideri l’indispensabile adattamento alle mutate condizioni climatiche, contribuirà a sviluppare le economie locali, aumenterà la quantità e la qualità dei posti di lavoro, e svilupperà nuova imprenditoria;
  • un Piano nazionale per combattere l’inquinamento atmosferico nelle aree urbane, oltre ad accrescere la qualità della vita dei cittadini, rappresenterebbe un volano di crescita economica ad elevato tasso di innovazione tecnologica e culturale;
  • per far fonte agli effetti del cambiamento climatico in agricoltura  ed affrontare le fasi di prevenzione e gestione delle emergenze sarebbe necessario sviluppare adeguatamente reti di assistenza tecnica alle aziende agricole, con possibilità di formazione di personale tecnico in grado di fornire i supporti decisionali per la razionalizzazione dei processi produttivi ed utilizzo ottimale delle risorse. Questo porterebbe ad un incremento delle figure professionali operanti in agricoltura;
  • occorre applicare tecniche di produzione integrata, biologica, organica, precision farming, con incentivo alla formazione di nuove professionalità di consulenti agricoli e sviluppo delle reti di assistenza tecnica in agricoltura;
  • l’adattamento del sistema agroalimentare al nuovo clima non può prescindere dalla disponibilità di adeguate risorse informative e di supporto alle decisioni da parte delle strutture agrometeorologiche pubbliche [12], che siano in grado di sfruttare nuove tecnologie quali il telerilevamento, le previsioni di lungo periodo e la modellistica per fornire i cosiddetti “servizi climatici” secondo la filosofia del sistema europeo Copernicus [13].

 

Per l’IMMIGRAZIONE:

  • proiettare il Paese verso azioni di cooperazione internazionale e recupero dei terreni degradati/desertificati che consentano alla popolazione locale di vivere dignitosamente e in pace, e di non essere costretta a migrare forzatamente, anche sotto la spinta di traffici illeciti e terrorismo, che trovano facile presa in quelle situazioni di degrado. Occorre anche investire in energia rinnovabile nei paesi a rischio.

 

Per la SICUREZZA:

  • in Italia la gestione del territorio è frammentata e molti ignorano gli effetti dei cambiamenti climatici in atto o previsti. Ciò comporta discriminazioni fra i cittadini che vivono e lavorano in aree “ben gestite” rispetto a quelli che vivono in territori non altrettanto ben gestiti. L’esigenza di mitigare il rischio geo-idrologico a seguito dei cambiamenti climatici in atto e previsti è un’occasione per attuare un riequilibrio;
  • una migliore quantificazione dei livelli di rischio geo-idrologico permetterà di disegnare e adottare strategie e comportamenti, singoli e collettivi, che contribuiranno a ridurre l’impatto dei dissesti sulla popolazione, inclusa la riduzione delle vittime [14] [15];
  • occorre portare a compimento la realizzazione dell’Agenzia nazionale ItaliaMeteo (cfr. Legge di bilancio 2018, commi dal 549 al 561) nei tempi previsti. E’ indispensabile che tra i compiti prioritari di Italia Meteo vi sia anche il rapido recupero e la messa a disposizione di tutta la comunità scientifica e tecnica nazionale ed internazionale di tutti i dati meteoclimatici pubblici esistenti già in forma digitale ed attualmente nella disponibilità del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica, delle Regioni, di ISPRA e delle Arpa regionali (sistema SNPA), degli Enti di ricerca e del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio. Ciò faciliterà, tra l’altro, la realizzazione di studi di impatto del cambiamento climatico a scala regionale e locale, ad oggi gravemente carenti, ed indispensabili per la stesura di piani di adattamento alle stesse scale. In particolare occorre sviluppare con molta cura il rapporto ed il coordinamento tra Ministero e Regioni in ambito agricolo, in modo tale da razionalizzare le risorse ed uniformare i servizi operativi di supporto alle fasi di previsione, prevenzione e gestione delle emergenze;
  • per la sicurezza in materia di salute e di vivibilità, occorre una rapida riduzione delle emissioni inquinanti, passaggio al trasporto elettrico e condiviso, revisione del modello urbanistico favorendo gli spostamenti senza auto, riduzione e riciclo dei rifiuti, riforestazione, intervento sul dissesto idrogeologico;
  • per la sicurezza energetica occorre produrre energia rinnovabile in Italia e ridurre le importazioni di energia fossile dall’estero. La riduzione della dipendenza dall’estero porterà diversi benefici congiunti. Le nostre filiere di approvvigionamento non saranno più sottoposte al controllo di paesi a rischio come Russia, Libia, Arabia Saudita (solo per citare i principali). Un’Italia meno dipendente è un’Italia più sicura.
  • Inoltre, ogni euro che non viene utilizzato per l’importazione di risorse naturali (gas e petrolio, minerali e terre rare) può essere speso localmente per alimentare filiere virtuose nel campo dell’efficienza energetica, del riuso e del riciclo. Più risorse economiche rimangono ad alimentare circuiti locali, più posti di lavoro e più ricchezza diffusa viene assicurata.

 

Per le TASSE:

  • evitare l’incremento esponenziale delle spese sanitarie, delle spese di ricostruzione delle infrastrutture danneggiate dai mutamenti climatici, dei costi legati alla minore produzione agricola;
  • in Italia, paghiamo un’accisa sulla fabbricazione e la vendita dei carburanti. L’imposta si compone di voci introdotte anche per far fronte a eventi naturali calamitosi, e in particolare a terremoti, alluvioni e frane, per oltre 17 miliardi di euro l’anno, di cui 2,4 miliardi per le sole calamità geo-idrologiche. È opportuno che questi (molti!) soldi siano investiti per la mitigazione del rischio geo-idrologico nel contesto dei cambiamenti climatici;
  • in agricoltura i rischi  di perdite produttive e quindi di reddito determinati da eventi atmosferici anomali od estremi sono in aumento. Dovrebbero essere quindi definite politiche fiscali atte a sostenere le aziende agricole in caso non solo di calamità, ma anche di eventi anomali od estremi.

 

Per l’incremento della QUALITÀ DELLA VITA nelle città:

  • occorre promuovere a tutti i livelli (cittadini, amministratori pubblici, addetti della pubblica amministrazione, operatori, associazioni) la informazione e la formazione in materia di adattamento climatico degli insediamenti urbani, ponendo le basi affinché entro il 2020 tutte le città elaborino il proprio “Piano di Adattamento”;
  • è necessario finanziare “progetti pilota”  di adattamento climatico degli spazi pubblici in realtà urbane particolarmente vulnerabili, con il duplice scopo di migliorare le condizioni insediative dei residenti e di sperimentare nuovi paradigmi progettuali (ecosystem –based adaptation measures) e nuove forme di coinvolgimento dei cittadini;
  • è altresì essenziale puntare alla mobilità elettrica pubblica e privata in area metropolitana, soprattutto per le già citate ragioni di salute pubblica, ma anche per un generale incremento delle condizioni di vivibilità nelle aree urbane.

 

Per rendere la responsabilità ambientale economicamente conveniente sono necessarie misure economiche. Diamo solo qualche esempio e qualche proposta su cui discutere:

  • dare sostegno al “voto col portafoglio” dei cittadini che votano con le loro scelte di consumo e risparmio per prodotti che contrastano il cambiamento climatico migliorando la qualità dell’informazione e consentire ai cittadini di scegliere con sempre maggiori informazioni (etichettatura, rating, meccanismi reputazione collettiva) . Promuovere lo stesso voto col portafoglio per la sostenibilità ambientale nelle regole degli appalti pubblici; 
  • rimodulare l’Iva e la fiscalità delle imprese in modo tale da creare premialità sui prodotti e le filiere che contrastano il cambiamento climatico (Green Consumption Tax);
  • orientare gli aiuti allo sviluppo verso l’investimento nelle politiche di agricoltura familiare secondo l’approccio land based del sequestro di CO2 che ha il triplice effetto di ridurre le diseguaglianze nel paese oggetto d’investimento, attenuare i fattori che spingono alle migrazioni e ridurre le emissioni. 

Per la FORMAZIONE e la RICERCA:

  • in generale, per affrontare tutti i problemi delineati in questo documento con speranza di successo servono nuove competenze e tecnologie, molte delle quali devono essere disegnate, sperimentate e sviluppate. Un ruolo importante lo avranno la formazione scolastica, e la ricerca scientifica e tecnologica;
  • ricerca scientifica e tecnologica e relativa formazione sono basi imprescindibili anche al fine di produrre nuove conoscenze, servizi e strumenti operativi da impiegare nelle fasi di previsione, prevenzione e gestione delle emergenze.

 

Riteniamo che in questa campagna elettorale i temi climatico-ambientali debbano essere posti in evidenza in maniera scientificamente fondata nelle agende di chi chiede agli elettori il proprio voto, perché sono temi trasversali, ma soprattutto fondamentali per giungere ad uno sviluppo giusto e sostenibile della nostra società.