La sfida delle Comunità energetiche

Leonardo Becchetti, economista, Università di Tor Vergata, Roma

 

La sfida della transizione ecologica pone nell’immediato di fronte a tre problemi collegati tra di loro. 

Il primo è quello dell’inflazione trainata dal prezzo del gas, fortemente aumentato a causa di eventi congiunturali (la forte ripresa della domanda in una fase di rilancio dell’economia dopo la fine di gran parte delle chiusure e restrizioni accompagnata da persistenti problemi nella logistica della produzione ereditati dalla pandemia e dalla consueta volatilità dei prezzi sui mercati) ma anche strutturali (la nostra dipendenza dal gas e il rischio di restare in mezzo al guado della transizione ecologica se non si accelera nella riduzione della nostra dipendenza da fonti fossili).  

Il secondo, conseguenza dell’aumento del prezzo dell’energia, è l’impatto sulla povertà energetica (le famiglie che hanno problemi nel pagare la bolletta) e sui costi delle imprese. 

Il terzo è l’emergenza climatica che ci impone di ridurre le emissioni climalteranti fino ad azzerare quelle nette entro il 2050 per evitare conseguenze irreparabili derivanti dal riscaldamento globale.

Una risposta importante ed efficace su tutti e tre i fronti è quella che può derivare dalla nascita delle “Comunità energetiche”, incentivata nel PNRR da un fondo di 2,2 miliardi che ha l’obiettivo di contribuire ad abbattere la spesa da interessi nell’investimento. Con le “Comunità energetiche”, gruppi di cittadini e d’imprese possono creare vaste alleanze di pratica e diventare prosumer installando capacità produttiva da fonti rinnovabili e realizzando tre benefici: i) la riduzione del costo totale della bolletta (esclusi gli oneri di sistema) fino al 30%; ii) i premi per l’autoconsumo fissati dal governo e iii) la vendita al gestore dell’energia per l’immissione in rete dell’eccedenza di energia prodotta e non autoconsumata. 

Le “Comunità energetiche” hanno nel nostro paese una tradizione che risale addirittura al periodo a cavallo del ‘900 quando nacquero le prime esperienze nelle zone alpine ricche di energia idroelettrica. La prima esperienza fu quella di Morbegno attiva dal 1897. Quelle esperienze sono progressivamente cresciute ed oggi la società elettrica cooperativa dell’Alto Bût (Secab) ha 2.653 soci che hanno ottenuto l’energia ad un prezzo scontato del 35% nel 2000 e gestisce cinque impianti idroelettrici. Le esperienze più recenti di sviluppo sono quelle della fondazione di comunità di Melpignano, di S. Giovanni a Teduccio e delle “Comunità energetiche” create con la nascita di nuovi condomini da diverse società del nord del paese. L’Unione Europea stima al momento l’esistenza di circa 4.000 comunità energetiche ma il numero è in rapida crescita. 

Le “Comunità energetiche” sono destinate ad un forte sviluppo nei prossimi anni, anche per il mutamento dell’orizzonte legislativo. Fino a poco tempo fa era proibito mettere pannelli fotovoltaici sui tetti dei condomini. Oggi la loro nascita è incentivata da fondi pubblici oltre a quelli del PNRR poiché l’investimento iniziale può essere soggetto ad iper-ammortamento se realizzato da imprese, alle misure del 110% se accompagnato da altre iniziative di efficientamento energetico degli edifici o comunque a detrazioni fiscali su una quota rilevante dell’investimento. E’ inoltre possibile per le “Comunità energetiche” in base al DL 199/2021 – in attuazione della direttiva 2018/2001/UE (che estende la potenza massima installabile da 200kw a 1Mw) – utilizzare cabine primarie di condivisione dell’energia, il che si traduce nella possibilità di costruire comunità più grandi.

Lo sviluppo delle “Comunità energetiche” è un vero strumento di ecologia integrale in quanto farmaco che tiene conto del fatto che “tutto è connesso” ed è capace di agire su tutti e tre i principali problemi contemporaneamente: cioè non ne risolve solo uno e per di più determina effetti collaterali negativi sugli altri due. Le “Comunità energetiche” contribuiscono a contrastare il problema della povertà energetica e dei costi di produzione elevati per le imprese con i relativi e rilevanti impatti sociali. Ma, allo stesso tempo, esse offrono un contributo importante all’obiettivo numero uno della transizione ecologica nel nostro paese che è l’eliminazione del “collo di bottiglia” della scarsa capacità produttiva da fonti rinnovabili. Allargare questa capacità produttiva significa procedere verso l’obiettivo di giungere nel 2050 a emissioni nette zero, ridurre la nostra dipendenza da gas e petrolio e mitigare anche l’effetto delle impennate dei prezzi del gas sul costo totale dell’energia consumata.

Un altro aspetto significativo di questa “ricetta” è la sua capacità di risposta dal basso al problema, creando alleanze dal basso tra diversi attori (diocesi, parrocchie, associazioni di terzo settore, amministrazioni comunali) per il bene comune. Il paradigma dell’Economia civile ricorda che la risoluzione dei problemi in un mondo complesso come quello di oggi richiede quattro mani (meccanismi di mercato, cittadinanza attiva, imprese responsabili e istituzioni capaci di diventare levatrici delle energie di cittadini e istituzioni). Le “Comunità energetiche” rispondono esattamente a questi criteri perché implicano il protagonismo di tutte le parti in causa.

La storia delle buone pratiche già esistenti sul nostro territorio testimonia che attorno alla comunità energetica si sviluppa una rete di relazioni e legami rafforzati da una progettualità comune che tiene assieme diversi attori e protagonisti (famiglie, imprese, amministrazioni locali, associazioni) delle nostre città e dei nostri borghi.

Le comunità energetiche con la loro capacità di ridurre il costo dell’energia per famiglie ed imprese sono una soluzione al caro bolletta presente e futuro come spiegato efficacemente in questo recente articolo

https://www.repubblica.it/cronaca/2022/08/28/news/legge_comunita_energetiche_senza_decreti_attuativi-363189285/?ref=RHTP-BH-I363197001-P1-S2-T1

e in questo servizio di Rainews che racconta due storie di pionieri a Gubbio e Messina

https://rassegna.dominiocliente.it/imm2pdf/Video.aspx?&imgatt=G1V4OG&imganno=2022&imgkey=B1X4UVKOPXU16&tiplink=4&video=11&tiplink=4

 

Esistono in Italia numerosi progetti di comunità energetiche che attendono il varo dei decreti attuativi sollecitato da un appello della società civile italiana che ha coinvolto più di 150 associazioni rappresentative del paese

https://www.nexteconomia.org/2022/07/14/comunita-energetiche-lappello-della-societa-civile-per-non-fermare-il-processo-attuativo/

 

Accelerare il più rapidamente possibile il varo delle comunità energetiche è un pezzo importante nella strategia del paese verso la transizione ecologica

 

Riferimenti per l’approfondimento del tema 

  1. LE COMUNITÀ ENERGETICHE IN ITALIA

Una guida per orientare i cittadini nel nuovo mercato dell’energia

Autori

Felipe Barroco (AESS), Alberto Borghetti (UniBo), Francesca Cappellaro (ENEA), Claudia Carani (AESS), Roberta Chiarini (ENEA), Gianluca D’Agosta (ENEA), Piero De Sabbata (ENEA), Fabio Napolitano (UniBo), Giuseppe Nigliaccio (ENEA), Carlo Alberto Nucci (UniBo), Camillo Orozco Corredor (UniBo), Carmen Palumbo (AESS), Stefano Pizzuti (ENEA), Giorgia Pulazza (UniBo), Sabrina Romano (ENEA), Fabio Tossani (UniBo), Edi Valpreda (ENEA)

Curatori

Felipe Barroco, Francesca Cappellaro, Carmen Palumbo

https://doi.org/10.12910/DOC2020‐012

 

  1. COMMUNITY ENERGY MAP

Ricerca RSE-LUISS che mappa le comunità energetiche esistenti in Italia

Researchgate.nte/publication/357017651_community_energy_map_una_ricognizione_delle_prime_esperienze_di_comunità_energetiche_rinnovabili